Il Sole 24 Ore ha ripreso l’analisi del Segreto Italiano confermando il grande valore dei territori e del saper fare nazionale.
“Un sistema anti-impresa che sconta il peso di una burocrazia paralizzante, la sensazione di un declino che si accompagna alla decrescita demografica e a un sostanziale pessimismo verso il futuro delle ultime generazioni, un’insoddisfazione crescente verso il valore del lavoro, una legislazione farraginosa che ostacola l’iniziativa privata e non garantisce l’immediatezza del giudizio, clientelismo, criminalità, corruzione e un sistema politico non all’altezza dei problemi e incapace di risposte chiare alle sfide del nuovo. Questo generale disfattismo cozza tuttavia con alcune sorprendenti evidenze: essere il secondo Paese manifatturiero in Europa e il settimo nel mondo; un’eccellenza che in alcuni settori coincide con indiscutibili primati; l’esistenza di una rete di imprese che, in tempi di crisi generalizzata, riesce ad aumentare i fatturati grazie agli investimenti nell’innovazione; e infine la vitalità di un marchio – il Made in Italy – che Brand Finance calcola introno ai 2mila miliardi di euro (quasi quanto l’intero Pil nazionale).
Un paradosso, dunque, tutto sommato virtuoso, cui un libro (e una ricerca) provano a dare una risposta con un’analisi strutturale, promettendo di svelare il mistero di questo “segreto italiano”. Un primo segnale al lettore è quello fornito dal presidente dell’Isvi (Istituto per i valori d’impresa), il Cav. Lav. Reza Arabnia, promotore e sponsor del progetto coordinato da Vittorio Coda insieme a ricercatori di varie università e di diverse discipline. Una risposta talmente semplice (le bellezze delle città, dei territori, dell’ambiente naturale e delle persone) da risultare di maniera, ma vincente invece sul piano della verifica puntuale dei casi di studio documentati e di quel plus determinato dai fattori molteplici della cosiddetta cultura immateriale”.